Seminario nazionale "Contratto e contrattazione nei comparti pubblici della conoscenza"

Webcronaca

  • Presentazione

    Il seminario che si è svolto a Venezia il 18 marzo 2010 dal titolo "Contratto e contrattazione nei comparti pubblici della conoscenza" è il primo di una serie di tre appuntamenti con i quali la nostra organizzazione sindacale intende "prepararsi" su alcuni temi chiave in previsione del 2° Congresso nazionale.

    La sede che ci ha ospitato è la splendida Scuola Grande San Giovanni Evangelista. Per saperne di più.

    Pubblichiamo di seguito il resoconto della giornata. Vedi le nostre foto e il video.

  • Ore 10.20

    Ad aprire i lavori della giornata è Salvo Merlo, segretario nazionale FLC CGIL, al cui fianco è seduta Gianna Fracassi, anche lei nella segreteria nazionale e con la quale ha coordinato la preparazione del seminario di oggi.
     
    Il nostro 2° Congresso nazionale, si svolge in una fase oltremodo difficile per il mondo del lavoro. Il tutto, in un quadro che evidenzia il tentativo – riuscito, sinora – di dividere il movimento sindacale confederale e, in questo quadro, di isolare politicamente la Cgil.
     
    Evidenti – prosegue Merlo – sono gli attacchi generalizzati ai diritti, nei settori privati come in quelli pubblici e, per quanto attiene ai secondi, particolarmente delicata è la situazione che caratterizza i settori della conoscenza. Per questi ultimi, in decisa controtendenza rispetto al valore che essi dovrebbero rappresentare per lo sviluppo socioeconomico del Paese, sinora l’attuale Governo ha predisposto provvedimenti che hanno essenzialmente il sapore dei tagli e della flessibilizzazione senza regole del lavoro.
     
    Il seminario odierno si colloca in questo quadro e con esso, nell’ambito del percorso congressuale, la FLC si propone di articolare una prima tappa di riflessione rispetto ad una più avanzata definizione del comparto dei settori pubblici della conoscenza. Nell’ambito dei lavori del 2° Congresso nazionale le riflessioni maturate saranno confrontate con le organizzazioni sindacali di categoria di Cisl e Uil.

    In allegato il documento di ingresso presentato al seminario.

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  • Ore 10.30

    Anche per Giovanni Garofalo, docente di Diritto del Lavoro e Preside della Facoltà di Giurisprudenza all'Università di Bari, il congresso della FLC CGIL si colloca in un momento quanto mai delicato ed è l'occasione per un'approfondita discussione dell'intera organizzazione sull'orizzonte istituzionale nel quale si svolge la nostra azione di rappresentanza sindacale.
     
    Le componenti essenziali del mutamento di scenario sono essenzialmente due:

    • - l'impatto nei settori della conoscenza del federalismo introdotto con la riforma costituzionale del 2001;
    • - le modifiche del Dlgs. n. 165/01, per effetto della (contro)riforma Brunetta.

    In allegato l'abstract dell'intervento.

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  • Ore 11.15

    C'è un piccolo cambio di programma. Il numero dei partecipanti al seminario ha superato quello atteso. I lavori proseguono in una sala più grande con l'intervento del prof. Marco Esposito, docente di diritto del lavoro all'Università Parthenope di Napoli.
     
    Nella sua relazione, il prof. Esposito analizza il decreto legislativo 150/09 che inverte il rapporto fra la legge e la contrattazione: quello che era regolamentato dal contratto, oggi è materia di legge; sono escluse dalla contrattazione le materie riguardanti l'organizzazione del lavoro, le carriere verticali non sono più negoziabili, le materie raggruppate sotto il titolo III (meriti e premi) non sono derogabili. Il ciclo di gestione della performance è enfatizzato e gli Organismi Interni di Valutazione rendono esecutiva la valutazione.
     
    L'articolo 74 del decreto affida ad una fonte secondaria (un Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri) materie di legge quali le modalità applicative del decreto ai Ricercatori e Tecnologi degli Enti di Ricerca ed agli Insegnanti della Scuola.
     
    Il prof. Esposito richiama la delibera 9 emessa dal CiVIT: avvicina le università alle regioni ed agli enti locali che sono stati esclusi dall'applicazione del Dlgs 150/09, aprendo quindi spazi alla contrattazione su alcune materie quali la revisione dell'ordinamento professionale, le progressioni economiche, l'equivalenza professionale delle mansioni, che dovrà essere rivista a seguito delle modifiche del decreto legislativo 165/01.
     
    Il modello di valutazione deve essere integrato fra la valutazione della struttura e del risultato, in modo di valutare la performance collettiva e non quella individuale e quindi utilizzare il premio di efficienza che il decreto legislativo 150/09 non mette tra le voci legate al premio individuale.

    In allegato l'abstract dell'intervento.

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  • Ore 11.50
    Il terzo relatore a prendere la parola è Mario Ricciardi, docente di diritto del lavoro all'Università di Bologna, che inizia il suo intervento partendo proprio dall'esperienza maturata in qualità di componente del direttivo dell'ARAN.

    Sulla riforma dei comparti vi è sin dal '93 un dibattito antico, che parte dalla riforma della PA operata con il DLgs 29/93, tuttavia la riduzione numerica non è mai stata una priorità, anche se in generale una razionalizzazione dei contratti, soprattutto quelli privati, è sempre stata auspicabile. Infatti i comparti pubblici da 8 passarono agli attuali 11, a conferma che la spinta è stata più alla loro scomposizione, che all'accorpamento. Quindi sotto questo profilo il DLgs 150/09 pone un problema nuovo portando a 4 (nella prima versione addirittura 2) i comparti, le cui ragioni non trovano però origine nel dibattito fra gli addetti ai lavori.

    Se fra le ragioni di buon senso contro la scomposizione dei comparti, prosegue Ricciardi, vi è stata quella di evitare l'eccessiva polverizzazione della rappresentanza delle confederazioni, visto che diventano rappresentative per il governo le confederazioni che hanno associazioni di categoria maggioritarie in almeno 2 comparti, va anche detto che il loro accorpamento non servirebbe a potenziare la contrattazione di II livello, ampiamente diffusa nei settori pubblici.
    In realtà l'unica ragione valida a giustificare questo feroce accorpamento sembra essere la volontà accentratrice del ministro della Pubblica Amministrazione: meno comparti più controlli, che coincide col vero obiettivo del ministero dell'economia:, ovvero idurre la spesa e il potere dei comitati di settore. Oltre ovviamente alla volontà di scompaginare e ridurre la rappresentatività delle OO.SS. confederali.

    Insomma, sostiene Ricciardi, al contrario di quanto accaduto con la riforma voluta da Bassanini/D'Antona, dietro questa riforma non vi è nessuna grande riflessione. Tuttavia, acquisito che i comparti saranno 4, non vi sono ragioni perché uno non debba essere quello della conoscenza. La stessa ARAN, anche per ragioni organizzative, ha sempre considerato i comparti della scuola università ricerca e afam contigui e quindi in maniera unitaria: unica direzione, unico componente del direttivo che segue questi CCNL. Anche sotto questo profilo questa “unicità” andrebbe salvaguardata.

    Che fare quindi con questo cambio di scenario? Per Ricciardi, due sono le strade possibili.
    La prima, quella di pensare ad un modello contrattuale per sezioni separate, corrispondenti ai vecchi comparti (posizione politica forte, che evidenzia anche la scarsa condivisione della riforma). L'altra, molto, molto più difficile, sarebbe quella di tentare una progressiva omologazione dei settori di provenienza, con una parte comune e altri parti suddivise per raggruppamenti professionali, come ad esempio insegnati, ricercatori&tecnologi, tecnici e amministrativi.
    Non vi è dubbio che la seconda strada è praticamente impossibile: sono troppo diverse le storie contrattuali di provenienza e scarsamente riducibili, sono diversi i modelli d'inquadramento e delle stesse relazioni sindacali, anche istituti peculiari come la mobilità hanno diverse trattazioni. Inoltre senza risorse economiche a disposizione, questa è una strada impercorribile.
    Tuttavia, per la prossima stagione contrattuale  non si po' essere solo difensivi e qualche passo avanti si può fare. Ecco alcuni spunti forniti da Ricciardi al riguardo:

    • la valorizzazione professionale degli insegnati della scuola, a partire dall'utilizzo delle risorse destinate a tal fine dalla 133/08. Sono queste risorse pienamente contrattuali o destinate alla valorizzazione prevista dal DL Aprea? Nella prima ipotesi, che andrebbe perseguita, anche i timidi passi avanti fatti (ad es. ex-art. 22 del ccnl), vanno ripresi sul piano contrattuale.
    • La valorizzazione professionale delle figure su cui si poggia il sistema elle autonomie.
    • Anche se il personale tecnico e amministrativo è quella che presenta il maggior numero di differenze fra i vari Comparti, si potrebbero tentare sforzi: ad esempio il personale ATA potrebbe avere un modello d'inquadramento simile a quello in vigore negli altri ccnl.
    • Il problema dei lettori, che andrebbe trattato con apposita disciplina, e dei policlinici.
    • Viste le difficoltà che il DLgs 150/09 troverà nell'applicazione prima del 2013 e che il sistema di classificazione dell'università è il migliore di tutto il pubblico impiego, in questa tornata contrattuale va difeso quel modello.

    Occorre, conclude Ricciardi, sì difendere l'esistente, anche perché appaiono molto spericolate le prospettive di messa a regime sul versante contrattuale delle disposizioni del DLgs 150/09, viste pure le più generali difficoltà di tipo politico (le risorse e le difficoltà di bilancio, l'accordo separato sul nuovo modello contrattuale e l'IPCA, ecc…), ma qualcosa si può pur osare in avanti.

  • Ore 12.20
    Interviene Michele Gentile, responsabile del dipartimento settori pubblici della CGIL, che evidenzia come già negli interventi che lo hanno preceduto siano state messe in luce le contraddizioni presenti nel decreto legislativo 150/09 ed anche i possibili profili di incostituzionalità di alcune sue parti.
     
    La prima parte del suo intervento è dedicata alla stagione contrattuale 2010 – 2012.
    Si tratta quindi di una contrattazione triennale, così come previsto dall'accordo separato del 22 gennaio 2009 tra Governo, associazioni imprenditoriali e OO.SS senza la firma della CGIL.
     
    Noi, ha detto Michele Gentile, ci avviciniamo a questa stagione contrattuale non come vittime sacrificali.
    Vogliamo far valere le nostre ragioni, contrastando i contenuti degli accordi separati del 22 gennaio e del 30 aprile 2009 e i contenuti del decreto Brunetta.
    Certamente non partiamo da una posizione di forza, ma gli spazi per una nostra iniziativa forte ci sono.
    Tra l'altro presumibilmente anche CISL e UIL, firmatarie degli accordi separati, potrebbero avere problemi per gli effetti che, su quegli accordi, produce e produrrà il decreto legislativo 150/09.
    La stagione contrattuale, che secondo il Ministro della Funzione Pubblica, si dovrebbe aprire a maggio, porta subito alla domanda di quali siano le risorse disponibili.
    In realtà prima di ottobre, soldi disponibili per i rinnovi del Pubblico Impiego non ce ne sono.
    Applicando le intese separate il rinnovo contrattuale si chiuderebbe con cifre bassissime.
    Peraltro senza le risorse i contratti non si possono rinnovare e questo implicherebbe anche l'inapplicabilità di molte parti del decreto Brunetta.
     
    Nelle nostre piattaforme rivendicative noi non prendiamo quindi a riferimento gli accordi separati.
    Prima di avviare la stagione dei rinnovi contrattuali occorrerà definire la composizione dei comparti contrattuali, che sono 4 come prevede il decreto 150/09.
     
    La CGIL condivide e sostiene la proposta della FLC di avere un contratto del comparto "conoscenza", ovvero un CCNL che riguardi Scuola, Università, Ricerca e AFAM.
    Questo contratto dovrebbe individuare i temi comuni dei vari settori, in particolare alla luce di quanto sancito dall'art. 74 comma 4 ("Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinati i limiti e le modalità di applicazione delle disposizioni dei Titoli II e III del presente decreto al personale docente della scuola e delle istituzioni di alta formazione artistica e musicale, nonché ai tecnologi e ai ricercatori degli enti di ricerca. Resta comunque esclusa la costituzione degli Organismi di cui all'articolo 14 nell'ambito del sistema scolastico e delle istituzioni di alta formazione artistica e musicale") e della recentissima delibera della CIVIT che esclude anche le Università.
     
    Per questi settori quindi, per noi, ad esempio, niente premialità 25%, 50%, 25%. Abbiamo quindi, per così dire, campo libero per le nostre proposte.
    Questo può essere per noi l'elemento caratterizzante della prossima stagione contrattuale. La valutazione di sistema diventa quindi un punto "pesante" della trattativa.
     
    Ovviamente, dopo le parti comuni saranno necessarie parti specifiche per gli attuali comparti della Scuola, dell'Università, della Ricerca e dell'AFAM.
    Particolare attenzione dovrà essere prestata alle "aree professionali", in controtendenza, ad esempio, a quanto prevede il disegno di legge Aprea.
     
    La seconda parte dell' intervento Gentile la dedica alla questione della rappresentatività.
    Un grande pasticcio si preannuncia alla luce della recenti disposizioni legislative e regolamentari, a partire dal problema di come calcolare, avendo ridisegnato i comparti contrattuali, il 51% per la validazione dei contratti medesimi.
     
    Si è in presenza del rischio concreto di avere ai tavoli contrattuali organizzazioni sindacali in realtà poco o nulla rappresentative.
    Inoltre c'è il rischio concreto che si voglia tornare a conteggiare solo gli iscritti (e non più il voto nelle elezioni per le RSU) nel calcolo della rappresentatività.
    Non sono da escludere anche possibili tentativi di non far votare entro quest'anno il rinnovo delle RSU, dopo il rinvio già avvenuto lo scorso anno nella Scuola.
     
    Grande dovrà essere la nostra attenzione per scongiurare questi possibili attacchi al sistema di rappresentanza per tenere alta la bandiera della democrazia e delle RSU.

  • Ore 14.45
    Dopo la pausa per il pranzo, iniziano i lavori di gruppo, articolati su tre specifici temi e di cui forniamo una breve sintesi.

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    La valorizzazione professionale dei lavoratori della conoscenza
     
    Il lavoro di gruppo si è aperto sulla base di un documento di ingresso sulle tematiche trasversali della valorizzazione predisposto dal dipartimento nazionale sulla contrattazione e sulla base di una breve introduzione di Americo Campanari per il comparto scuola e di Francesco Sinopoli per i comparti università, ricerca e Afam.
     
    Al gruppo di lavoro hanno partecipato 21 compagne e compagni e, nelle due ore circa di discussione, ci sono stati 9 interventi.
     
    L'obiettivo del lavoro di gruppo, tenendo conto dei recenti cambiamenti normativi (d.lgs 150/09) che hanno modificato significativamente in contesto e dei punti fermi già indicati nella piattaforma contrattuale della FLC CGIL, è stato quello di cercare di individuare innanzitutto i nodi problematici più significativi nei 4 comparti pubblici della conoscenza sul tema della valutazione/valorizzazione e le possibili proposte di merito. Poi l'altro obiettivo è stato quello di cercare di individuare le possibili linee di orientamento comuni, sempre ai 4 comparti della conoscenza, rispetto alla prospettiva di un contratto unico. Un aspetto complesso, se si tiene conto che ci sono attualmente significative differenza tra la scuola da un lato, rispetto all'università e ricerca che hanno già un sistema contrattuale di valutazione e di carriera.
     
    Dal dibattito sono emersi alcuni punti fermi. Per introdurre un sistema di valutazione, cui collegare una valorizzazione e/o carriera, servono investimenti aggiuntivi significativi, in particolare nel comparto scuola per l'entità del comparto. Qualsiasi sistema si introduca, questo non deve prefigurare in alcun modo forme di organizzazione gerarchica del lavoro docente. La valutazione dovrà riguardare sia il lavoro aggiuntivo che il lavoro d'aula se connotati, entrambi, da impegno, qualità, innovazione e ricerca, ma tenendo anche conto del contesto lavorativo e salvaguardando l'autonomia professionale costitutiva dell'attività d'insegnamento.
     
    La formazione deve essere il cardine intorno al quale far girare tutta la partita. Nella scuola, a supporto dell'autonomia, è indispensabile comunque l'introduzione di figure di sistema, sia nell'ambito del personale docente, che nell'ambito del personale Ata. Rimane ancora aperto il tema di "chi valuta che cosa", ma di sicuro occorre evitare che si arrivi ad ipotizzare un sistema di valutazione complesso e costoso. Per queste ragioni, e quanto meno in prima applicazione, nella maggior parte degli interventi è emersa una ampia condivisione rispetto ad una ipotesi di valutazione "interna a ciascuna singola scuola" snella, effettuata da docenti e con la sola presenza di un garante esterno.
     
    Per ciò che riguarda la valorizzazione professionale nei settori della ricerca e dell’università, alcuni interventi hanno sollevato la questione del rapporto costi benefici e della necessità di rendere regolari dinamiche e procedure. In non pochi casi, in particolare negli enti di ricerca, la sproporzione tra i «costi» e i «tempi» necessari per la valutazione (sia ai fini della carriera sia per la corresponsione di alcune quote marginali di retribuzione accessoria, ad esempio nel caso dell’Enea o per il personale tecnico amministrativo di enti e università) appaiono sproporzionati rispetto alle risorse effettivamente ripartite.
     
    È stata sostanzialmente confermata la validità del modello introdotto contrattualmente per gli enti di ricerca e per il personale tecnico e amministrativo dell’università, seppure nella consapevolezza di apportare miglioramenti, in particolare per quanto riguarda la valutazione, ch necessita di affinamenti soprattutto per il personale ricercatore e tecnologo. In generale, la valutazione è un terreno da esplorare, tentano comunque di muovere da una concezione della stessa intesa come valutazione «di sistema», nell’ambito della quale ricondurre anche i criteri di valutazione individuale ai fini della valorizzazione professionale.
     
    In generale, data la sostanziale impossibilità di andare verso un’omologazione degli ordinamenti degli attuali comparti della conoscenza, comunque coerente con la decisione della FLC di muovere dalla piena valorizzazione delle loro specificità, è stato suggerito anche di esplorare il terreno della mobilità intersettoriale.

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    Contrattazione e prospettive di decentramento territoriale/federalismo

    Il lavoro di gruppo, sulla base del documento di ingresso e delle relazioni degli esperti, ha cercato di individuare alcune proposte sul ruolo della contrattazione nel momento in cui si fa sempre più vicina la concreta attuazione del titolo V della Costituzione e del federalismo fiscale.Da qui la necessità e l'importanza di fare chiarezza su alcuni elementi di contesto, ma anche di evidenziare le loro implicazioni sui nostri settori.
     
    Gli elementi di contesto
    La riduzione delle risorse e i nuovi assetti situazionali portano le regioni a rivendicare una maggiore potestà anche di natura legislativa e contrattuale nei settori della conoscenza. Nell'università e nella ricerca l'intervento degli Enti Locali, che assume spesso il carattere di un intervento di tipo finanziario, rischia di produrre la segmentazione di questi servizi che devono invece mantenere il carattere nazionale, generando anche implicazioni, ad oggi non del tutto prevedibili, su stato giuridico, libertà di insegnamento e ricerca.
    Nel caso specifico della scuola poi l'intervento finanziario delle regioni, in seguitoalle gravi carenze dello Stato, sta cambiando natura. Esso in molti casi non è più solo integrativo di quello statale, ma sostitutivo. Si veda l' esempio delle sezioni primavera che in alcuni casi sono state attivate grazie ai fondi regionali.
    In questo nuovo scenario è importante cogliere l'occasione del prossimo rinnovo contrattuale per regolare con chiarezza le materie e gli ambiti delle relazioni sindacali sui diversi livelli: nazionale, regionale, istituto, Ente e Ateneo. Da qui l'esigenza condivisa di pervenire ad un accordo nazionale sulle relazioni sindacali tra le Regioni e le Organizzazioni sindacali dei comparti della conoscenza.
    Regole chiare e condivise da formalizzare con il contratto nazionale, l'unico strumento che rende possibile l'unitarietà del personale che in questi settori fa attività di ricerca, insegnamento e di supporto alla didattica e al servizio. Poiché si tratta di una materia nuova è importante fare riferimento alle esperienze maturare in questi ultimi anni nei territori. Questo per correggere gli eventuali errori commessi e valorizzare le buone pratiche. Ad esempio in alcuni casi (vedi province autonome) il confronto con gli EE.LL. sull'uso delle risorse professionali ha evitato la riduzione dell'offerta formativa sul territorio devitalizzando l'applicazione del Piano Tremonti/Gelmini e trovato soluzioni positive per i precari.
    Per l'Università è da escludere una sede di contrattazione integrativa con le Regioni essendo sufficienti quelli già previsti dal Ccnl: nazionale e di ateneo.
     
    I nodi problematici:
    1. l'individuazione dei soggetti che partecipano al percorso decisionale sui diversi livelli sui quali si snoda la contrattazione. Ad esempio nel caso della scuola l'Accordo Quadro, in corso di definizione nella sede della Conferenza Unificata Stato Regioni, prevede la presenza dei rappresentanti dei presidenti della regione nel comitato di settore per il rinnovo del Ccnl;

    2. la mancata definizione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni)


    3. le materie di competenza di ogni livello


    4. gli ambiti (concertazione, contrattazione) delle relazione sindacali. Su quest'ultimo punto è molto sentita l'esigenza di una presenza sindacale integrata tra la confederazione e la categoria per i tavoli di concertazione, regionali, in riferimento alle politiche generali. Questo nella convinzione che la complessità delle materie renda indispensabile l'apporto e il supporto della categoria. Mentre tutto quello che attiene la gestione del rapporto di lavoro deve rimanere di competenza esclusiva della categoria anche quando il confronto richiede un confronto con il livello regionale politico. È il caso ad esempio della distribuzione degli organici del personale della scuola sul territorio. La dipendenza funzionale del personale della scuola alle regioni secondo le previsioni dell'Accordo Quadro in corso di definizione nella sede della conferenza unificata Stato-Regioni. Si tratta di un passaggio importante che però rischia di mettere in discussione l'unitarietà del comparto, quindi, è urgente utilizzare tutti gli strumenti politici e sindacali per rendere coerenti i contenuti di questo accordo con i principi di unitarietà del comparto e del servizio.

    Le proposte
    Su questi temi, in previsione dei provvedimenti normativi in corso di definizione, è importante acquisire una maggiore conoscenza, aumentare i momenti di formazione, anche con l'aiuto di esperti, al fine di elaborare proposte che ci aiutino a costruire rivendicazioni condivise con i lavoratori.

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    Il contratto della conoscenza e le specificità dei comparti

    Al lavori del gruppo coordinato da Rita Guariniello e Gabriele Giannini hanno partecipato 25 compagne e compagni e vi sono stati complessivamente 13 interventi. Era presente ed è intervenuto anche il prof. Ricciardi.

    Occorre dire che, rispetto alle ambizioni dello specifico tema trattato dal gruppo, le relazione del mattino avevano già delineato un quadro di azione abbastanza preciso e realistico di quello che potrà accadere sul terreno della "costruzione" del contratto della conoscenza.

    In generale il dibattito ha evidenziato la condivisione dell'orizzonte comune, non solo come scenario possibile alle condizioni date, ma anche come obiettivo da perseguire sottolineando la necessità di tutelare le specificità dei comparti di provenienza e di procedere con prudenza.
    Prudenza necessaria vista la difficoltà di avventurarsi su un terreno poco praticabile nel breve periodo per le oggettive differenti storie contrattuali e per la mancanza di risorse che impedisce qualsiasi avvicinamento sul versante retributivo; ma anche perché occorre evitare contraccolpi di altra natura che le stesse relazioni del mattino hanno paventato, come la costituzione di aree professionali intercomparto o di contratti per qualifica o per professione quale effetto della riforma dei comparti, o come la decontrattualizzazione dei ricercatori e tecnologi degli epr.

    La stessa proposta del documento d'ingresso sulla praticabilità della "mobilità" fra i settori della conoscenza, cosa peraltro prevista nella Carta europea dei ricercatori, come possibile terreno di costruzione di equiparazioni future, è stata vista con sospetto nel gruppo di lavoro e come una fuga in avanti rispetto alle possibilità.
    Quindi l'orientamento prevalente è quello del comparto della conoscenza, che sappia tutelare le specificità di provenienza. Condiviso ed unanime è stato il richiamo alla necessità di scardinare l'applicazione del DLgs 150/09 nei settori della conoscenza, a partire dalla necessità di rilanciare l'iniziativa sindacale per il rinnovo delle RSU previste per l'anno in corso. Non sono mancati i richiami alla necessità di dotarsi di un piano alternativo, ove non si realizzasse il comparto della conoscenza da noi voluto, visti anche i rapporti di forza in campo.

    Alcuni interventi hanno richiamato l'attenzione sulla stato contrattuale dei settori della conoscenza, a partire dalla denuncia della mancata chiusura dei CCNL dell'AFAM, dei dirigenti scolastici e dei dirigenti dell'area VII (università e ricerca), oltre a quello dell'ASI. Così come è stata ribadita la necessità di disciplinare contrattualmente tutti i lavoratori della conoscenza e di cogliere l'opportunità per contrattualizzare la docenza universitaria.
    Altri hanno tentato di declinare possibili temi sui quali consentire elaborazioni comuni o parti enucleabili "trasversalmente": la formazione, l'organizzazione del lavoro, le relazioni sindacali; quasi impossibile è stato addentrarsi sui temi professionali.

    Sul versante delle relazioni sindacali è stato posto il problema dell'introduzione di un livello contrattuale regionale, già codificato per la scuola, anche in relazione alla riforma del Titolo V, sapendo che occorre evitare che si realizzino per questa via le "gabbie salariali".
    È stato più volte richiamato il rischio che si possa approdare a contratti per professioni e che il vero problema in questa fase è quello delle risorse per i rinnovi contrattuali, che oggi non ci sono. Non è mancato il riferimento alle ricadute che gli accorpamenti previsti nel DLgs 150/09 provocheranno sulla FLC.

    Intervenendo nei lavori di gruppo il prof. Ricciardi ha ribadito la "propria convinzione" che il comparto della conoscenza sia un approdo possibile e che quindi bisognerebbe cominciare a ragionare su come rendere omogenei gli attuali sistemi di classificazione. Infine ha richiamato i rischi che la contrattazione territoriale, tutta da creare per i comparti dell'università e della ricerca, possa approdare alle gabbie salariali.

    Per concludere si può dire che i lavori di gruppo hanno consentito una più puntuale messa a punto delle nostre elaborazioni, a partire da quelle contenute nel documento d'ingresso e dall'utilizzo che se ne farà al congresso di San Benedetto del Tronto.

  • Ore 16.30
    Al termine della presentazione in riunione plenaria dei contenuti emersi durante i lavori di gruppo, la giornata si conclude con l'intervento di Domenico Pantaleo, segretario generale FLC CGIL.

    L’obiettivo di questo governo, esordisce Pantaleo, è chiaro: destrutturare e indebolire la contrattazione, frammentando i lavori e determinando quindi spinte neocorporative. Infatti sia il decreto 150/2009 che l’intesa separata sul modello contrattuale vanno nella direzione di restringere gli spazi di contrattazione. Tutto ciò è evidente sia sul fronte della contrattazione nazionale che su quella decentrata. Infatti la contrattazione di secondo livello viene sostanzialmente vanificata, in quanto il salario accessorio viene per la gran parte attribuito per la performance individuale. Inoltre per effetto delle disposizioni sulla ex IVC e della possibilità di agire unilateralmente da parte dell’amministrazione, viene meno la pari dignità tra OOSS e parte datoriale, ridimensionando la funzione stessa del sindacato.

    A fronte di questo quadro abbiamo bisogno di riconquistare il contratto e il sistema contrattuale. Dobbiamo, prosegue Pantaleo, aprire e riconquistare gli spazi contrattuali, per depotenziare i contenuti del decreto Brunetta.

    Il seminario ha affrontato tre temi: federalismo e contrattazione, valorizzazione professionale e contratto della conoscenza. Sulle questioni del federalismo e soprattutto dell’accordo in via di definizione per l’attuazione del titolo V° nell’istruzione, intendo affermare con chiarezza che c’è un punto di quell’intesa che ci vede assolutamente contrari: la questione della doppia dipendenza del personale della scuola. Riteniamo che non vi sia bisogno, per attuare il disposto costituzionale, di sancire una doppia dipendenza dei lavoratori. Riteniamo che ciò rappresenti null’altro che una fase transitoria, che prelude in realtà ad un passaggio tout court alle regioni. Gli altri settori della conoscenza, università, ricerca, Afam, non stanno dentro quell’accordo ma sono egualmente toccati dalle spinte federaliste. Infatti la scarsità delle risorse statali determina un intervento economico delle regioni, lo possiamo vedere chiaramente sul comparto università. Questo intervento però ha effetti sul versante contrattuale. Per questa ragione è necessario addivenire ad un intesa nazionale sulle relazioni sindacali con le regioni, che definisca chiaramente i contenuti del confronto con le OOSS.

    Il tema dell’ accorpamento dei comparti contrattazione sarà al centro della nostra discussione nelle prossime settimane. La FLC e la CGIL hanno chiesto che uno dei comparti sia dedicato alla filiera della conoscenza. I motivi dei questa richiesta sono molteplici, ne voglio ricordare due:

    • - la struttura contrattuale non è inscindibile dall’impianto strategico e dalla mission di un settore, disarticolare questo aspetto significherebbe determinare una scissione identitaria;
    • - le competenze a livello di governo sono integrate ed è per questo importante che vi sia una corrispondente integrazione a livello contrattuale.

    È necessario pertanto, sostiene Pantaleo, mettere in campo una proposta realistica e seria che preveda una fase di sperimentazione: "noi immaginiamo un impianto contrattuale con una parte comune molto snella che disciplini alcuni tematiche quali valorizzazione professionale, indennità che sostituisca la vacanza contrattuale, mobilità intercompartimentale e poi l’altro perno di un ipotetico contratto della conoscenza deve essere il rispetto delle specificità dei nostri settori".

    La valorizzazione professionale è l’altro tema centrale: "noi non condividiamo l’impostazione del decreto 150/2009 che è sostanzialmente una impostazione punitiva, gerarchica e autoritaria". Per questa ragione, insiste Pantaleo, dobbiamo avere un punto di vista nostro che intrecci il tema della valutazione di sistema con quello della valorizzazione professionale.

    Su questi tre temi è necessario approfondire e proseguire la riflessione. Il seminario di oggi non può ovviamente essere esaustivo, la cosa importante è che la FLC porti le sue proposte ai tavoli di trattativa e di confronto. Non possiamo subire infatti, conclude Pantaleo, impostazioni che non ci appartengono e che consideriamo negative per i lavoratori e per la difesa dei loro diritti.

Aspettando il congresso nazionale